venerdì 30 aprile 2010

I grandi misteri della vita















L’uomo che vedete qui sopra si chiama Paul Haggis. Fa lo sceneggiatore.
Nel 1983 ha inventato la serie televisiva “Walker Texas Ranger” che ha seguito, anche come produttore, fino al 2001.
Poi nel 2004 ha scritto la sceneggiatura di “Casino Royale”.
Essendo, a mio parere, “Walker Texas Ranger” una delle serie più brutte mai trasmesse da un network statunitense e “Casino Royale” - il film che ha rifondato il mito di James Bond - uno dei capolavori di questi ultimi anni, la domanda sorge spontanea: com’è possibile che la stessa persona abbia scritto entrambe le cose?
E com’è possibile che lo stesso Haggis negli ultimi anni abbia sceneggiato anche l’egregio “Million dollar baby” nonché scritto e diretto due notevolissimi film come: “Crash” e “Nella valle di Elah”?

I fumettari













Da quando posso permettermi di farlo, mi capita di chiamare a lavorare in televisione alcuni sceneggiatori di fumetti. Ho cominciato tre anni fa con “Il commissario Rex” - di cui ero autore ed Head Writer- chiedendo ad Alberto Ostini di scrivere alcuni episodi della seconda e della terza stagione: a mio parere sono state tra le puntate migliori di tutta la serie.
Ora che sto lavorando a un progetto mistery per Mediaset, ho chiesto a un altro collega, di cui non farò il nome, di darmi una mano.
Il progetto era partito qualche tempo fa con la scrittura di una prima Bibbia (un papiro di un centinaio di pagine in cui si spiega la "rava e la fava" di una serie). La bibbia era piaciuta a Mediaset che, come accade di solito, aveva chiesto alcuni cambiamenti. Niente di drammatico, tranne che per una piccola richiesta che all’inizio era passata inosservata. Il problema, di cui poi mi reso conto, era che ottemperare a quella richiesta avrebbe significato re-impostare l’intera serie. Un bel problema inutile negarlo.
Visto che il tempo incalzava ho soprasseduto, rimandando la questione, e ho chiamato per aiutarmi nella stesura dei soggetti di puntata altri cinque sceneggiatori tra cui l’autore di fumetti cui sopra. Nel suo campo lui è uno di quelli bravi - in questo momento, a mio parere, il più bravo di tutti - ed è la persona più creativa che io abbia mai conosciuto.
Oltre a noi due c’era Alberto Ostini (co-autore della prima Bibbia e mio inseparabile socio in tante imprese). Gli altri tre sceneggiatori provenivano dalla televisione: solidi professionisti della scrittura con molte ore di TV alle spalle.
Inizia la prima riunione. Il collega non parla. E’ strano: di solito è molto ciarliero. Lo guardo. Vedo che ascolta quello che noi diciamo. Ogni tanto prende appunti. Ho l’impressione che si stia tenendo tutto dentro. Noi ci affanniamo per trovare un rimedio al problema principale, lui tace.
Poi, all’improvviso, si alza ed espone in poche parole l’idea su cui aveva rimuginato fino a quel momento. Noi restiamo attoniti: ci coglie di sorpresa e ci spiazza. Non avevamo visto la cosa sotto quella prospettiva. Però sì, funziona e ci permette di salvare capra e cavoli: di accontentare Mediaset e di mantenere in piedi l’intero impianto della serie.
Perché racconto questo aneddoto? Perché molti anni fa quando ho cominciato a scrivere per la televisione sono stato preso un po’ sottogamba: - Che hai scritto fino ad ora? Fumetti? - seguiva smorfia.
Ancora oggi è così. I produttori e gli editor delle reti credono che uno sceneggiatore di fumetti sia uno sceneggiatore di serie B: preconcetto del tutto sbagliato.
Un autore di fumetti che, per esempio, lavori da anni per una casa editrice come la "Sergio Bonelli Editore" ha un bagaglio tecnico immenso, forgiato da anni di storie e di duro lavoro. Il lavoro seriale velocizza la mente e aiuta la creazione. Scrivere fumetti è una grandissima palestra: ti insegna i meccanismi della narrazione e ti fa entrare direttamente nel luogo in cui le storie si fabbricano: ti mette a contatto con gli archetipi che stanno alla base di ogni racconto e con i generi. O credete davvero che molti autori di fumetti americani come Jeph Loeb o Paul Dini lavorino per caso in serie di grande successo come “Smallville”, “Heroes” o “Lost”?
Nella mia carriera di fumettaro ho inventato e scritto circa 150 storie: uno sceneggiatore televisivo scrive - se lavora molto - due o tre sceneggiature l’anno. Forse è anche per questo motivo un qualunque albo Bonelli è migliore e più avvincente della maggior parte della fiction prodotta in Italia.

giovedì 29 aprile 2010

Salva il gatto


















Quando si scrive qualcosa che non sia seriale (film o graphic novel che sia), uno dei primi problemi che l'autore si trova ad affrontare è quello di introdurre come si deve il protagonista.
Nel bel libro di cui vedete qui sopra la copertina, intitolato significativamente: "Save the cat!", Blake Snyder teorizza un modo intelligente per ovviare a questo problema: inserire quella che lui chiama "scena salvagatto".
La "scena salvagatto" dev'essere posta all'inizio del film o della graphic novel. E qui, nel momento in cui lo spettatore lo vede per la prima volta, che il nostro protagonista dovrebbe fare qualcosa di significativo - come salvare un gatto, appunto - in modo che tutto il pubblico empatizzi immediatamente con lui.
Applausi!

mercoledì 28 aprile 2010

Mini, midi e... maxi



Dimensione carattere















Prendo in prestito la trama dal sito della Sergio Bonelli Editore.
Trixie Palmer è bellissima. Trixie Palmer è spietata. Trixie Palmer è un'assassina professionista. Ma perché non invecchia, e perché tutti le danno la caccia? Nathan Never, Branko e tutta l'Agenzia Alfa dovranno risolvere il suo mistero tra mille inseguimenti e agguati, fino alla sorprendente soluzione finale...

Il Maxi Nathan Never numero 6 è uscito da un paio di settimane, ma lo trovate ancora in edicola.
Inizialmente quelle contenute in quest'albo avrebbero dovuto essere tre storie distinte da inserire sulla serie regolare, poi Antonio Serra ha deciso di riunirle tutte in questo unico "balenottero".
Sulla storia non posso dire nulla - l'ultimo nato, si sa è sempre il preferito - ma i disegni mi sembrano davvero spettacolari. Matteo Resinanti, l'autore delle matite, è uno che sa bene come si racconta una storia. Se oltre a questo ci aggiungiamo che è bravissimo a disegnare le donne e che è uno dei migliori sulla piazza per le scene d'azione, ecco che avete una chiara idea di quello che vi aspetta: un'avventura piena di belle ragazze, di sparatorie e di inseguimenti. Un albo "leggero" che ha come obiettivo principale quello di divertire.
Se vi piace il genere non potete perderlo!

martedì 27 aprile 2010

Storyteller






Un saluto a tutti.
Mi chiamo Stefano Piani e faccio lo sceneggiatore. Rimando chiunque fosse interessato a saperne di più su di me e sul mio lavoro a questa pagina di Wikipedia o al sito della Sergio Bonelli Editore.
Molti anni fa ho pubblicato l'articolo che segue sulla gloriosa rivista "Duel". Lo riporto integralmente perché penso che spieghi il mio lavoro e il senso di questo blog.
Il titolo del pezzo era: "Vita standard di uno sceneggiatore di fumetti".
"Sono le sei di un sabato sera. Lo sceneggiatore seriale di fumetti ha appena finito di scrivere l’ultima delle sedici tavole utili a coprire tre dei suoi dodici disegnatori per un paio di giorni (1).
Ora può finalmente sdraiarsi sul letto e iniziare a leggere l’ultimo libro di James Ellroy che giace intonso sul suo comodino oramai da parecchi giorni.
Detto, fatto. La narrazione sincopata di Ellroy lo lascia senza fiato, facendolo immedesimare, a turno, in tutti i dieci personaggi che appaiono nelle prime otto pagine del libro, quando, all’improvviso, squilla il telefono.
Il panico si impadronisce immediatamente dello sventurato, che, distogliendo gli occhi dalla sua lettura, sposta la testa il minimo indispensabile per dare un’occhiata alla sveglia immobile sul comodino. Sono le sei e dieci e non aspetta nessuna telefonata, quindi, con tutta probabilità, la voce che tra pochi istanti emergerà, innaturale e gelida, dalla segreteria telefonica, sarà quella del nemico naturale di ogni sceneggiatore seriale di fumetti: il disegnatore seriale di fumetti.
Come qualunque sceneggiatore sa bene, il nemico è solito chiamare per uno dei seguenti due motivi:
a) per informare il suo sceneggiatore che ha appena finito di disegnare le dieci tavole speditegli la settimana prima e che quindi ha bisogno di altre quaranta tavole per continuare a disegnare la storia a cui sta lavorando.
b) per informare il suo sceneggiatore che ha appena finito di disegnare le ultime dieci tavole della storia speditegli la settimana prima e che quindi ha bisogno delle prime quaranta tavole di una nuova storia.
Qualunque sia il motivo per cui ha telefonato, il disegnatore seriale, un attimo prima di mettere giù, ci terrà comunque a precisare che vuole TUTTE le tavole di sceneggiatura nella sua casella di posta elettronica entro le nove di quella stessa sera.
Premesso che venti, stando all’autorevole parere di Michele Medda, è il numero massimo di tavole che si possono mandare tutte in una volta a un disegnatore, visto che, finite le dita dei piedi, avrebbe difficoltà a proseguire il conteggio, il problema provocato dalla malevola telefonata resta. A cambiare è solo la sua entità.
Se il motivo per cui il disegnatore ha chiamato fosse quello che noi abbiamo siglato con la lettera a), il nostro sceneggiatore seriale potrebbe, tutto sommato, ritenersi fortunato. Gli basterebbe, infatti, rimboccarsi le maniche e riprendere a scrivere la storia dal punto in cui l’aveva interrotta una settimana prima, attingendo le idee necessarie allo sviluppo futuro della trama dal soggetto che giace in qualche file dal nome strano, sepolto in fondo al computer. Nel giro di qualche ora, almeno una delle quali persa a cercare il suddetto file, le tavole sarebbero scritte e pronte per essere inviate al disegnatore.
Purtroppo, però, il condizionale è d’obbligo, visto che alle sei e dieci di un sabato sera il disegnatore non chiama mai perché deve continuare una storia, ma perché l’ha finita e deve iniziarne un’altra.
Sforzandosi di controllare il panico, lo sceneggiatore seriale di fumetti fa la prima cosa che gli viene in mente: sfoglia il libretto degli appunti, nella speranza di avere prima avuto e poi scritto da qualche parte, magari in un giorno lontano, magari a matita sul retro di uno scontrino o di un biglietto del tram, un’ IDEA (2).
Bastano pochi secondi perché le sue pretese si ridimensionino ed egli scopra che ha già usato almeno otto volte ognuna delle tre idee appuntate sul suo libretto. Tuttavia, quello che a prima vista potrebbe sembrare un problema insormontabile, in realtà non lo è. E' in momenti come questo, infatti, che un serio e navigato professionista può contare sulla prima legge dell’opera seriale, che recita: "se non hai nessuna idea, rubala a qualcuno che l’ha già avuta". Il furto di idee, che solitamente si chiama plagio, quando è compiuta da uno scrittore seriale di qualunque tipo prende il nome di citazione (3).
Dopo avere lungamente meditato, lo sceneggiatore seriale decide di incominciare la sua nuova storia “citando” l’ultimo libro che ha letto: un romanzo di spionaggio ambientato tra il Polo nord e la Siberia.
- Gli esquimesi sono un argomento davvero interessante per i nostri lettori, - dice lo sceneggiatore e, forte della sua indiscussa professionalità, inizia a scrivere una bella scena d’azione ambientata tra i ghiacci, che ha il vantaggio di non fargli perdere troppo tempo con i dialoghi. E' vero che per disegnare pagine ambientate in un luogo interamente bianco, il disegnatore ci metterà metà del tempo, ma questo è un problema che il nostro sceneggiatore non si sente di affrontare ora.
Dopo qualche ora, la scena è finita e il nostro sceneggiatore può inviarla al nemico che, dopo aver brontolato perché voleva quaranta tavole e invece gliene sono arrivate solo dieci, capitola, rinunciando a chiedere l’intervento dei caschi blu dell’ONU.
STACCO.
E’ passata più o meno una settimana e il disegnatore seriale di fumetti chiama nuovamente il suo sceneggiatore, sempre e immancabilmente alle sei e dieci di un tranquillo sabato sera, per comunicargli che ha appena finito le prime dieci tavole della storia ambientata al Polo nord e vuole le solite quaranta tavole entro le nove, dentro la sua casella di posta elettronica.
Non appena il nemico abbassa il telefono, solo quattro parole attraversano la mente esausta dello sceneggiatore: - E adesso che faccio?
Non avendo nessuna idea su come proseguire la storia, ma avendo finito di leggere il libro di James Ellroy iniziato una settimana prima, lo sceneggiatore seriale di fumetti decide che nella sua storia ci saranno dei politici corrotti e qualcuno che cerca di recuperare l’innocenza perduta.
Decise queste poche cose e le coordinate generali della scena che si appresta a scrivere, lo sceneggiatore compila in fretta altre dieci tavole, ambientate in città, che serviranno a calmare per un’altra settimana la sua nemesi.
Quale sia il misterioso rapporto che lega James Ellroy, l’eroe della serie a fumetti per cui lo sceneggiatore lavora e una lontana tribù di esquimesi, ovviamente nessuno, compreso lo stesso sceneggiatore, lo sa... almeno fino alla settimana seguente, quando il disegnatore avrà bisogno di altre quaranta tavole entro le nove di sera e lo sceneggiatore sarà costretto, volente o nolente, a mettere ordine nell’enorme casino narrativo che ha appena creato.

NOTE
(1) Qualunque professionista che lavori alla Sergio Bonelli Editore ha sempre parecchie storie in lavorazione.
(2) Tutti gli sceneggiatori di fumetti seriali ne hanno uno e se lo portano sempre appresso. Solitamente è chiuso da un elastico che impedisce ai 4.572 bigliettini di appunti contenuti al suo interno di cadere.
(3) Ovviamente anche qui, come in quasi tutto l’articolo, tendo ad usare il paradosso. Rubare a destra e a manca, se fatto con stile, oltre che una necessità produttiva (è impossibile avere più di due o tre idee originali l’anno) può anche essere un’arte e permettere la creazione di storie che possiederanno comunque una propria originalità.