giovedì 30 settembre 2010

Attenti a quei due!



















Approfitto della morte di Tony Curtis - immenso in "A qualcuno piace caldo" e grande in molti altri film, compreso "Lo strangolatore di Boston" - per scrivere un post che ha come vero argomento la memoria.
Curtis è stato protagonista insieme a Roger Moore del telefilm con cui sono cresciuto, quello che, più di ogni altro, mi ha formato televisivamente parlando: "Attenti a quei due".
Nei miei ricordi ne ho visti almeno un centinaio di episodi quand'ero piccolo.
Poi sono andato a controllare: "The persuader" è andato in onda sulla ABC solo nella stagione 1971/72: 24 episodi in tutto. Non solo, ma comprando i cofanetti e rivedendo i suddetti episodi, mi sono accorto che non li avevo nemmeno visti tutti.
E allora? E allora come dice il giornalista a Jimmy Stewart ne: "L'uomo che uccide Liberty Valance": "Se la leggenda diventa realtà vince la leggenda".
Per me, la serie "Attenti a quei due" è durata almeno 5 stagioni e ha accompagnato, settimanalmente, tutta la mia infanzia, fino all'adolescenza. Per anni ho creduto che fosse così e così sarà per sempre a dispetto di ogni storia della televisione e/o sito internet.

domenica 26 settembre 2010

Anniversari















Il 2 ottobre del 1950 sui giornali americani appariva la prima striscia dei "Peanuts". Un anniversario importante, da ricordare: i sessant'anni di Charlie Brown.
Molte cose sono state scritte su questo capolavoro del '900 e qualunque cosa io possa aggiungere in questa sede, suonerebbe banale e già sentita.
Su "La Repubblica" di oggi - QUI - c'è un bell'articolo di Michele Serra da cui traggo poche righe:
Il vero mistero dei Peanuts (e il vero capolavoro di Schulz, volontario o preterintenzionale che sia) è la prodigiosa elasticità di lettura. Un poster di Charlie Brown figura con la stessa dignità sopra la scrivania dell'intellettuale, accanto ai manifesti del Bauhaus, e nella cameretta del teenager, di fianco al poster di Vasco o degli eroi del wrestling.
Nel corso dei decenni i suoi amici hanno chiamato Charlie Brown in molti modi: con nome e cognome, per esteso (mai soltanto Charlie), fratellone (Lucy), Ciccio (Piperita Patty), Charles (Marcie), ma io continuerò a rivolgermi a lui con l'appellativo che gli ha affibiato Snoopy.
AUGURI BAMBINO DALLA TESTA ROTONDA!

martedì 21 settembre 2010

L'uomo nero














Di solito, se in un film o in un fumetto un'autore decide di seguire le mosse del proprio assassino senza mostrarlo in faccia è perché si tratta di qualcuno che, nel corso della storia, il pubblico ha già visto.
Non così in "Criminal Minds" di cui sto guardando in questi giorni la quinta stagione. Qui gli autori seguono molto spesso le mosse dei vari assassini senza mostrarli in faccia, ma lo fanno a prescindere che si tratti di qualcuno che lo spettatore ha già visto oppure no. Per loro è una sorta di regola per rimarcare che il serial killer è un uomo senza volto, una figura nera e minacciosa.
E non è solo questo: quando gli agenti del BAU tracciano un profilo, spesso vediamo materializzarsi quello di cui parlano. Si tratta di situazioni quotidiane in cui agisce il serial killer: a casa, al lavoro. Qui lo vediamo in faccia, ma mai, dico mai, ha le fattezze del vero assassino. Da una sequenza all'altra può addirittura cambiare l'attore che lo interpreta, come a sottolineare che il serial killer potrebbe essere chiunque.
Ecco, sono anche questi dettagli a marcare la differenza tra le serie americane e quelle italiane.

Micronarrativa







Il sito si chiama Micronarrativa e Tito Faraci ne ha già parlato QUI.
Si tratta, per usare le parole dell'autore Andrea Maggiolo, di racconti molto brevi, personaggi visti di sfuggita. Vite in 140 caratteri, la durata massimo di un messaggio su Twitter.
Ecco alcuni esempi:
Guida veloce. Ale è così felice per la frittura che mangerà a cena con Maria. Lo vede all’ultimo l’uomo che attraversa sulle strisce. Tardi.
Hans è veterinario in un paese di montagna. Lo sveglia il telefono. Le 5 di mattina. Nevica. Poca voglia di vedere un cavallo che muore.
Irene si stupisce di come ogni volta che alza lo sguardo verso il cielo di Roma, ci sia un aereo in volo. Le manca il suo paese in Sardegna.
Carlo è sommelier in un ristorante italiano in Finlandia; a Roma era bidello. Neve, ghiaccio, la nostalgia. Ma lui ha trovato la sua America.
“Non dormo da 12 anni” dice a quelli del bar. Ma L. ha perso la testa quando gli è morto il cane. Nessuno lo ascolta, ma nessuno ride di lui.
Lino per lavoro traduce manuali d’istruzioni di elettrodomestici. Sognava di tradurre poesia ma quel che conta, dice, “è fare le cose con cura”.
Si è fatta scippare appena uscita dalle Poste, ieri mattina. Lia, 77 anni, non ha nemmeno urlato. Non vuole mai essere di disturbo a nessuno.
Rashid sognava di fare l’astronauta. E’ diventato lavavetri di grattacieli a New York: un modo più semplice per guardare tutti dall’alto.
Io li trovo molto belli.
Andrea vorrebbe trasformare queste vite in altrettanti fumetti e sta cercando un disegnatore. Se qualcuno tra gli amici che leggono questo blog fosse qualcuno interessato, può contattare Andrea al seguente indirizzo: info@micronarrativa.com

Coito interructus



















Penso, da prima che arrivasse Nanni Moretti a ribadirlo, che chi parla male, pensa male e vive male. Che le parole siano importanti e che vadano usate con cognizione di causa e sensibilità. Che non vadano mai violentate.
Le parole sono i mattoni con cui si costruisce il pensiero. E le parole giuste, quelle vere, come diceva Raymond Carver, possono avere lo stesso potere delle azioni.
Mi sembra che negli ultimi anni si sia un po' smarrito il senso delle parole: tra la gente, in televisione, nella pagine dei quotidiani, nella politica.
Un politico che non sa parlare non avrà mai il mio voto, nemmeno se condividessi al 100% le sue idee.
Un giornalista o uno scrittore che si esprime per luoghi comuni o frasi fatte - lo fanno in moltissimi, sia in televisione che sulla carta stampata - non merita di essere letto o ascoltato, indipendentemente dalle cose che dice.
La forma è sostanza.
Sono snob? Sì, lo sono fin da piccolo. Elitario? Anche. E chi più ne ha, più ne metta.
E dopo questo breve cappello, arriviamo al punto.
L'agghiacciante documento che vedete qui sopra è stato pubblicato da Pippo Civati sul suo BLOG.
Si tratta di un manifesto dei leghisti di Adro contro i cervelli (?).
A causa delle ridotte dimensioni della foto, lo trascrivo qui integralmente in modo che possiate goderne al meglio. Punteggiatura, errori e quant'altro s
ono, ovviamente, opera dell'estensore del suddetto manifesto.
Intestazione.
"LEGA LOMBARDA-LEGA NORD per l'indipendenza della Padania. Sezione di ADER-ADRO."
Testo.
"Questi cervelli della sninfa (storpiatura di linfa, la lista civica concorrente della Lega ad Adro, n.d.r.) fanno marcia indietro. Il sindaco non è più razzista. A loro dire è un feudatario!!!!
Secondo noi, devono cambiare spacciatore, perché è tagliata male.
In consiglio comunale, quando nella dialettica vengono toccati sul vivo, si comportano come un coito interructus, sobbalzano, sussultano, trabalzano, guai a dir loro ciò che si pensa, per loro è sempre, come minimo, anti democratico e despota.
I 10.000 euro sono tanti sono pochi, ma certamente più che sufficienti a coprire le spese dei morosi.
PERCHE' TOTA STO CAGNARA???
Colpa del sindaco che è andato in televisione (dicono loro). In televisione a difendere Adro dal circolo mediatico con l'appoggio della sninfa dall'infamante accusa dei media sinistroidi rivolta ai cittadini d'essere razzisti (diciamo noi).
Per loro il concetto "riportare la serenità" nella comunità, come da loro richiesto in consiglio comunale 10 min. prima, significa volantinare in piazza 10 min. dopo, dando al sindaco del feudatario.
Che sciocchi questi cervelli, forse pensano, essendo loro acculturati, che gli adrensi siano degli stupidi...
NOI STIAMO DALLA PARTE DEI GENITORI E NON DEI CERVELLI!"
"Punto, punto e virgola... punto... e un punto e virgola," aggiungo io.
Totò e Peppino non avrebbero potuto scrivere di meglio!

PS. Okay, ammetto la mia ignoranza: pensavo che il verbo trabalzare non esistesse. Poi sono andato a guardare sul vocabolario e l'ho trovato. Significa: "Trascinare repentinamente da un luogo a un altro, sballottare in direzioni diverse, far andare a caso, alla ventura. In un contesto metaforico: frastornare, sconvolgere."
Da qui la domanda: ma voi, mentre praticate un "coito interructus", trabalzate?

domenica 19 settembre 2010

Errata corrige












La fiction di Cinzia Th. Torrini "Terra ribelle", di cui ho scritto una puntata, non inizierà stasera - come annunciato da Kataweb e riportato su questo blog - ma nelle prossime settimane, sempre su RAI 1.
Vi terrò, comunque, informati.

Vecchi blog si rinnovano...


















Due tra i miei blog preferiti hanno appena cambiato veste grafica.
Sto parlando di Dalla parte di Asso di Roberto Recchioni e di Diegozilla di Diego Cajelli..
E in entrambi i casi è stato fatto un ottimo lavoro.

sabato 18 settembre 2010

Trucchi d'autore 10: Roberto Recchioni

Roberto Recchioni è nato nel 1974. E' sia sceneggiatore che disegnatore.
Ha esordito sulla serie Dark Side e poi ha collaborato con le maggiori case editrici italiane e con l'americana Heavy Metal.
Creatore di John Doe e di David Murphy 911, ha scritto - e sta scrivendo - storie per Diabolik e Dylan Dog.

Quando lavori di preferenza?

Una volta lavoravo sempre e in qualsiasi condizione, senza preferenze. Bartoli mi aveva insegnato a fare così ed ero giovane. Negli ultimi tempi, con la mia giornata che è diventata un inferno di telefonate, preferisco lavorare di notte, quando non mi disturba quasi nessuno.

Descrivi il tuo studio...

E' complicato. Perché, grossomodo, tutta casa mia è il mio studio visto che quasi ogni passione che ho si interfaccia poi con il mio lavoro. Comunque è ci sono troppi libri, davvero troppi fumetti, qualche statuetta di supereroi di quelle scolpite a modino, qualche pupazzo, un grosso televisore che uso solo per i bluray e tenerci attaccate tutte le console sulla piazza, un puff, per stare davanti al televisore a una distanza che nessun ottico consiglierebbe, due tavoli da lavoro (uno per la scrittura e uno per il disegno), un cane di taglia media, un gatto di diciannove anni che sembra uscito dal Pet Semetary di King.

... E il tavolo su cui lavori. In base a che cosa l'hai scelto?

Quello da disegno doveva essere non troppo grande inclinato il giusto. Quello per la scrittura mi doveva piacere (è un vecchio tavolo di antiquariato, in legno). La cosa divertente è che, nonostante queste due posizioni di lavoro, poi finisce che disegno sul tavolo della cucina e scrivo sul portatile, in giro per casa. Quando si tratta di lavorare mi scotta la sedia e se mi metto alla posizione preposta faccio ancora più fatica.

Quando hai iniziato a fare questo lavoro usavi la macchina da scrivere? E se sì, com'è stato il passaggio al computer?

Sì, ma solo per la mia primissima sceneggiatura. Poi sono passato a un 286 "portatile" (era enorme e pesantissimo), poi a un Pentium fisso, poi di nuovo a portatile sempre Windows e adesso sono 6-7 anni che lavoro su Mac, un Mini e un Mac Book. Il passaggio al computer è stato "Hey, finalmente posso permettermene uno!"

Mentre scrivi fai delle pause?

Yep. Fumo. Passeggio. Giocherello con tutto quello che mi capita sotto mano. Poi mi risiedo e sparo a raffica un'altra serie di vignette, se va bene, di tavole. Poi mi rialzo di nuovo.

Ascolti musica o tieni la TV accesa?

Una volta sì, adesso ho scoperto il valore del silenzio e della quiete.

Che cosa tieni sempre a portata di mano sulla scrivania?

Sigarette.

Hai un'abbigliamento particolare per scrivere?

No.

Usi carta per prendere appunti?

No.

Che tipo di penne usi?

Non so più scrivere in corsivo, quindi ho praticamente smesso di usare la penna, a meno che non mi serva per qualcosa che devo disegnare.

Hai degli sfizi particolari collegati alla scrittura?

No.

Disciplina o ispirazione?

Rigida mancanza di disciplina. E poi, quando le scadenze mi sono sul collo e sono messo con le spalle al muro, vado in crunch time e non alzo la testa dal computer fino a quando non ho finito.

Si può scrivere usando solo la tecnica?

Sì. Ma non bene.

Da dove nascono le idee migliori?

A saperlo, andrei a cercarle. Penso che ci siano sempre degli operai che lavorano, nelle nostre teste. Smontano, rimontano, studiano, tutto quello che ci sta intorno, la realtà come le storie degli altri. E poi lavorano. Certe volte li devi spronare a fare i doppi turni per tirare fuori una storia piccola piccola, altre volte, capita che si presentino da soli con una storia perfetta, tutta costruita nei minimi dettagli. Per me, quella è quello che tutti chiamano ispirazione: tanto lavoro invisibile che avviene a nostra insaputa.

Sei mai stato "bloccato" dalla pagina bianca?

Ultimamente. Bloccato no. Ma ho fatto fatica a scrivere al mio solito ritmo.

Libri o film per ispirarti?

Tutti e due. E i videogiochi. E la musica. E, più volte di quanto mi piaccia ammettere, anche la semplice vita.

Descrivi il tuo metodo di sceneggiatura.

Parto dai dialoghi. Sono la prima cosa che scrivo. Li scrivo di getto e poi li limo, controllando che tutte le informazioni necessarie passino nella giusta maniera. Cerco di farli il più freschi e naturali possibili. Ogni tanto me li recito da solo. Poi divido i dialoghi in tavole, per stabilire il ritmo delle sequenze e lo spazio che avranno. A quel punto, divido le tavole in vignette, per dare il ritmo alla singola tavola. E allora, solo allora, scrivo le indicazioni di regia.

Quante pagine di sceneggiatura scrivi in un giorno?

Dipende. Da cosa scrivo e come sto. Per Dylan Dog, per esempio, più di 10 pagine al giorno non riesco a scrivere. Per John Doe o per cose mie che conosco bene, non ne scrivo meno di 20. Direi che se sono rilassato e in forma, la media è intorno alle 15. Se sono sotto consegne, 30 o più. Se ho impicci miei, 5 al massimo. Se è uscito un nuovo Halo, niente fino a quando non l'ho finito. Ma chiariamo: non sono uno che riesce a lavorare tutti i giorni. Certi giorni ho delle esplosioni di produttività e scrivo 30 pagine, il giorno dopo sono spompato e me ne vado in giro.

Le tue pagine sono molto dettagliate o tendi a lasciare libertà al disegnatore?

Abbastanza dettagliate ma non troppo. Sono molto attaccato alla scansione delle vignette e alla struttura della tavola. Molto meno alle inquadratura. Descrivo con minuzia gli elementi che devono essere in scena e gli ambienti (di solito fornisco una massiccia dose di riferimenti fotografici) ma sono molto stringato nelle descrizioni delle inquadrature che, nel caso mi fidi, preferisco lasciare al disegnatore che conosce questo aspetto del mestiere meglio di me.

Ti va di inviarmi una foto del tuo studio - fatta rigorosamente con il cellulare - da mettere in apertura di questa intervista?

Eccola. E sì, il 4g fa foto grandi.

venerdì 17 settembre 2010

Scuola di sceneggiatura







Fin da quando ho aperto questo blog, avrei voluto istituire una sorta di corso di sceneggiatura online per spiegare - post dopo post - come si debba scrivere una storia per il cinema o la televisione; analizzando in maniera continuativa e metodica i vari metodi di sceneggiatura e i manuali dei migliori professionisti del settore: Snyder, Field, Seger, McKee, Truby.
La cattiva notizia è che, per ora, non lo farò.
La buona notizia è che esiste già un ottimo sito, molto ben realizzato che lo ha fatto al posto mio. Si chiama Sceneggiatura for Dummie. Lo tiene tale Orson Willis - ma l'autore è italianissimo - e lo trovate QUI.
La cattiva notizia è che Orson Willis ha smesso di aggiornare il suo sito il 13 ottobre del 2009, proprio a metà della trattazione del paradigma di Syd Field. Mannaggia.
La buona notizia è che tutto quello che aveva inserito fino a quel giorno è di ottimo livello.
Finito di leggere il sito di Orson Willis, consiglio tutti coloro che fossero interessati ad approfondire l'argomento di dare un'occhiata QUI. Si tratta del corso di sceneggiatura online di Gianfranco Manfredi: un lavoro pazzesco, utilissimo, pieno di considerazioni intelligenti e di consigli illuminanti.

NOTA A POSTERIORI. Dopo il commento di Comativa ho riletto il post e mi sono accorto che, effettivamente, non si capiva il motivo per cui avevo rinunciato al corso di sceneggiatura online. Il motivo é, come scrivo anche nel commento di risposta a Comativa, che questo corso esiste già - esattamente come avrei voluto impostarlo io - nel sito di "Sceneggiatura for dummie".

Aneddoto











Rileggendo una tavola di Nathan Never che avevo appena scritto - e già allegato alla e-mail da spedire al disegnatore - mi sono trovato sotto gli occhi queste poche righe:
2) CM. Ci troviamo ancora a teatro. L'uomo, di spalle, si avvicina alla donna che si sta sedendo al suo posto.
UOMO Tutto a posto?
"La donna si sta sedendo al suo posto." e "Tutto a posto." Una ripetizione. Ma stiamo parlando di una sceneggiatura a fumetti, di qualcosa cioè che - nel mio caso - leggerà solo il disegnatore. Potrebbe anche rimanere così: in fondo, il primo "posto" è nella parte descrittiva ("la sinistra", come di dice al cinema) e il secondo si trova in un dialogo. Potrei soprassedere...
Ma non ci riesco. Perché in una sceneggiatura la forma è sempre importante e un lavoro, qualunque lavoro, andrebbe sempre fatto al meglio delle proprie possibilità. Sempre e comunque.
Così ho modificato la vignetta:
2) CM. Ci troviamo ancora a teatro. L'uomo, di spalle, si avvicina alla donna che si sta sedendo al suo posto.
UOMO Tutto okay?
E chissà perché, invece di togliere semplicemente il primo "posto"...
2) CM. Ci troviamo ancora a teatro. L'uomo, di spalle, si avvicina alla donna che si sta sedendo.
UOMO Tutto a posto?
... Ho cambiato la battuta?
Bah.

Trucchi d'autore 9: Tito Faraci













Nato nel 1965, Tito Faraci è uno dei migliori sceneggiatori di fumetti attualmente su piazza; l'unico in grado di passare dal comico al drammatico, dal western al giallo, dall'horror ai super-eroi, senza apparente sforzo e senza mai abbassare di un millimetro la qualità di quello che scrive, che è sempre molto alta.
Ha scritto storie per Topolino, Pikappa, Dylan Dog, Martin Mystère, Zagor, Lupo Alberto, Diabolik, Nick Raider, Magico Vento ed è uno dei pochissimi italiani ad avere scritto anche per la Marvel: L 'Uomo Ragno, Devil e Capitan America.
Autore di Brad Barron, Tito ha scritto nel 2009 uno strepitoso - a giudizio del Piani - romanzo per ragazzi intitolato: "il cane Piero, avventure di un fantasma", che consiglio, spassionatamente, a tutti.
Quando lavori di preferenza?
La mattina. Cerco di fare il più possibile entro mezzogiorno, cominciando presto. Poi lavoro di lima, nel pomeriggio.
Descrivi il tuo studio...
Una sezione relativamente isolata di un loft, dove c'è altra gente che fa altri lavori (creativi, ma diversi dal mio). Un quadrato con due pareti di librerie e due bianche.
... E il tavolo su cui lavori. In base a che cosa l'hai scelto?
Me lo sono trovato lì quando sono arrivato. È grande, va bene.
Quando hai iniziato a fare questo lavoro usavi la macchina da scrivere? E se sì, com'è stato il passaggio al computer?
Sì, ho usato la macchina da scrivere. Nessun rimpianto, anche se mi ha fortificato. Il passaggio al computer è stato rapido.
Mentre scrivi fai delle pause?
Il meno possibile. A volte non rispondo al telefono.
Ascolti musica o tieni la TV accesa?
No. Una volta sì, anni fa. Oggi no.
Che cosa tieni sempre a portata di mano sulla scrivania?
Fogli per scarabocchiare.
Hai un'abbigliamento particolare per scrivere?
No.
Usi carta per prendere appunti?
Sì, sempre.
Che tipo di penne usi?
Solo nere. Scaramanzia.
Hai degli sfizi particolari collegati alla scrittura?
Vado a casa lasciando sempre qualcosa a metà, da finire. Mi aiuta la mattina dopo.
Disciplina o ispirazione?
Entrambe, ovvio. Genio e regolatezza.
Si può scrivere usando solo la tecnica?
Sì.
Da dove nascono le idee migliori?
Non lo so.
Sei mai stato "bloccato" dalla pagina bianca?
Molto di rado. Continuo a picchiare la testa contro il muro, finché non lo sfondo.
Libri o film per ispirarti?
Libri sempre. Sono un lettore professionista. Al cinema preferisco la tv.
Descrivi il tuo metodo di sceneggiatura.
Direi che è un approccio visivo. Descrivo un'immagine mentale che ho della scena, talvolta passando attraverso dei bozzetti.
Quante pagine di sceneggiatura scrivi in un giorno?
Cinque o sei. Mai di meno, quasi mai di più.
Le tue pagine sono molto dettagliate o tendi a lasciare libertà al disegnatore?
Sono dettagliate. Ma questo per me non significa non lasciare libertà al disegnatore. Significa farsi capire fino in fondo, con sincerità, stabilire una complicità.
Ti va di inviarmi una foto del tuo studio - fatta rigorosamente con il cellulare - da mettere in apertura di questa intervista?
Il mio vecchio BlackBerry, che mi ostino a non cambiare, non scatta le foto. Mi dispiace.
Allora metterò una tua fotografia.